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Donne e asteroidi. L'osservazione GAM dell'asteroide Eva

Parafrasando Amleto, in questo quarto centenario dalla morte di Shakespeare potremmo dire: “Asteroidi, il vostro nome è donna”.

Per tanti motivi. Ad iniziare dal fatto che, per un tacito accordo non predeterminato, i primi asteroidi ebbero tutti nomi femminili. Una regola scritta in tal senso venne promulgata, ma quando si era già arrivati a circa 400 asteroidi, per essere poi definitivamente superata già pochi anni dopo, a inizio ‘900. In seguito si volsero al femminile molti nomi propri maschili (per citarne qualcuno Mozartia per ricordare Mozart, Columbia per Colombo, Hamburga per la città di Hamburg, e così via). Fatto è che nei primi 170 nomi di asteroidi incontriamo un solo nome dedicato ad un personaggio maschile, per giunta lasciando una “scappatoia” per una possibile lettura alternativa. Si tratta dell’asteroide (54) Alexandra, scoperto nel 1858 dall’astrofilo francese Hermann Goldschmidt. La designazione intendeva onorare il noto naturalista ed esploratore tedesco il barone Alexander von Humbolt e venne proposta dal padre gesuita F. Moigno, matematico e didatta francese, caporedattore del settimanale di scienza Cosmos, una delle prime riviste di divulgazione scientifica al mondo. Il titolo della rivista richiamava quello di un importante testo in 5 volumi sull’astronomia, geografia e la natura del nostro pianeta scritto pochi anni prima dallo stesso von Humboldt. Ma, come dicevamo, mitologicamente esiste, volendo, anche un’Alexandra figlia del re troiano Priamo.

E di “asteroidi al femminile” vogliamo parlare stavolta, cominciando dal ruolo delle astronome nella scoperta e nello studio degli asteroidi.

Fig. 1 - Curva di luce negli istanti attorno al momento dell’occultazione prodotta dall’asteroide (164) Eva la sera dell’11aprile scorso. In giallo l’andamento della luminosità della coppia asteroide+stella occultata, in violetto quella di una vicina stella utilizzata come confronto. La linea verticale rossa individua il tempo centrale ricavato dall’occultazione.Le linee verticali bianche sono separate di 1s una dall'altra.

Se è pur vero, infatti, che dobbiamo attendere gli asteroidi (1112) Polonia e (1113) Katja per trovare i primi asteroidi scoperti da una donna (l’astronoma russa Pelageja Fëdorovna Šajn, che li rinvenne entrambi, non molto distanti fra loro, la notte di ferragosto del 1928, dall’Osservatorio Simeis in Crimea, da cui scoprì in seguito altri 17 pianetini), il gap venne ben presto colmato e le astronome (ed astrofile) possono vantare un dignitoso “bottino” di scoperte di asteroidi.

Fig. 2 - L’astronoma russa Pelageja Fëdorovna, coniugata Šajn (1894-1956), la prima donna scopritrice di un asteroide. Lavorò molti anni quale calcolatrice presso l’Osservatorio Simeis in Crimea, diretto dal futuro marito Grigorij Šajn (importante astrofisico russo a sua volta scopritore di 3 asteroidi). La Fëdorovna scoprì e studiò anche 140 stelle variabili. In quest’ultimo campo ha fra l’altro collaborato alla prima edizione (1958) del GCVS (il Catalogo Generale delle Stelle Variabili).

Ed è una donna (seppure, come vedremo, “ex-aequo” con due astronomi, uno dei quali suo marito) a poter vantare tuttora il record di asteroidi scoperti da singoli individui (escludendo cioè quelli ritrovati da network di telescopi “robotizzati”, entrati in uso da una trentina d’anni ed ottimizzati per la scoperta, in “automatico”, di nuovi oggetti celesti). Se ci limitando, infatti, ai soli asteroidi ufficialmente numerati alla data del 24 aprile di quest’anno (467 308 su un totale di 713 143 asteroidi osservati almeno una volta), il Minor Planet Center (MPC) pone ai primi sei posti, fra gli scopritori di asteroidi, altrettanti sistemi automatizzati che utilizzano uno o più telescopi. Il record appartiene al celebre progetto LINEAR, cui vengono attribuite (essenzialmente dal 1997 al 2012) la bellezza di 146 789 scoperte di nuovi asteroidi, seguito dal programma Spacewatch (con 123 007 asteroidi, scoperti fra il 1985 ed il 2014). I primi “umani” sono rappresentati, come dicevamo, da un trio di astronomi, che costituiscono anche un bell’esempio di collaborazione (scientifica ed umana) internazionale, e che ha operato dal 1960 al 1977. Era formato da Tom Gehrels (astronomo di origine olandese che effettuava materialmente le riprese, al mitico telescopio Schmidt di 1, 2 metri dell’osservatorio di Monte Palomar, e che fu poi il promotore del succitato progetto Spacewatch), e dai coniugi olandesi Cornelius Johannes van Houten e dalla moglie (tedesca di nascita) Ingrid van Houten-Groeneveld . Questi ultimi due ricevevano a Leida (Olanda) le lastre riprese a Palomar e operavano, al blink comparator, la paziente ricerca degli asteroidi che comparivano nei campi ripresi .

Fig. 3 - L’astronoma danese, di origine tedesca, Ingrid van Houten-Groeneveld, scomparsa lo scorso anno all’età di 94 anni. E’ l’astronoma che vanta il maggior numero di asteroidi scoperti.

La loro collaborazione costituisce di gran lunga la parte principale del lavoro noto anche come Palomar-Leiden Survey. I tre amici scoprirono assieme, in questo modo, ben 4 620 asteroidi, fra il 1960 ed 1977 (per i pignoli diremo che, avendo Gehrels scoperti, autonomamente, altri 19 asteroidi, contro i 2 della coppia Van Houten, il record sarebbe suo, ma siam sicuri non ci avrebbe assolutamente tenuto). Sempre a Gehrels si deve l’introduzione intensiva della fotometria di asteroidi e l’inizio del loro studio in luce polarizzata. La prima tecnica allo scopo di ricavarne le curve di luce (conseguenza della loro rotazione; curve che, nei casi migliori, elaborate matematicamente possono darci indizi della forma dell’asteroide stesso, vedi Fig.6) la seconda per studiare il variare della loro riflettività a seconda dell’angolo visuale formato da Asteroide, Terra e Sole. Fra gli asteroidi scoperti dal trio compaiono anche 65 troiani (gli asteroidi che si addensano nei punti di Lagrange L4 e L5 del sistema Sole-Giove). I coniugi von Houten vollero ricordare (nel caso dei due citati asteroidi scoperti autonomamente) le due città martiri giapponesi (2247 Hiroshima e 5790 Nagasaki) come speranza di pace.

Nella classifica delle astronome scopritrici di asteroidi fanno bella figura personaggi quali Eleanor F. Helin (astronoma statunitense scopritrice complessivamente di 903 asteroidi – 387 dei quali in collaborazione con altri – fra cui il primo asteroide di tipo Aten). Oppure l’astronoma, anch’essa statunitense, Carolyn Shoemaker (nome completo Carolyn Jean Spellmann Shoemaker, dove il Shoemaker le viene dal cognome del marito, assieme a cui ha scoperto, fra l’altro, la celebre cometa Shoemaker-Levy 9 che ha terminato la sua corsa spaziale schiantandosi nel 1993  su Giove).

Fig. 4 e 5 - (A sinistra) L'astronoma statunitense Eleanor F. Helin. Dal 1995 è stata direttrice del NEAT, il primo programma di ricerca automatico di asteroidi Near Earth - ovvero che passano realmente molto vicini alla Terra- . Il programma era il primo programma osservativo interamente automatizzato. gli astronomi intervenivano solo il giorno successivo alle osservazioni in automatico fatte da un telescopio, verificando la natura degli oggetti segnalati. Il programma stesso oltre ad una serie di satelliti spia non dichiarati ha trovato comunque decine di migliaia di oggetti astronomici non segnalati in precedenza. (a destra) I coniugi Shoemaker accanto al telescopio Schmidt da 120 cm del Monte Palomar, da cui effettuarono la maggior parte delle loro scoperte

Alla Shoemaker sono attribuite la scoperta complessiva di 376 asteroidi, 159 da sola, 164 in collaborazione col marito e gli altri con astronomi diversi fra cui lo stesso David H. Levy della citata cometa. A proposito di comete, per curiosità ricordiamo che Carolyn Shoemaker è anche la donna ad avere scoperto più comete (32, il doppio di tutte le altre astronome). Compaiono nell’elenco del MPC anche figure curiose come l’astronoma cèca Zdenka Vavrova, scopritrice di 210 asteroidi (115 dei quali come co-scopritrice), e che deve, evidentemente, avere un debole per l’Italia dato che ha dato ai suoi asteroidi nomi quali Garibaldi, Malaparte, Volonté, Messner, Pavarotti, Celentano ecc.). A proposito del nostro paese, la prima fra le scopritrici italiane di asteroidi è un’astrofila, Maura Tombelli cui si deve la scoperta di 196 asteroidi (188 dei quali come co-scopritrice assieme ad altri astrofili toscani).

Fig. 6 - L’astrofila toscana Maura Tombelli, mentre consegna, il 3 marzo scorso, all’astronauta Samantha Cristoforetti una targa in ricordo dell’intitolazione dell’asteroide (15006) Samcristoforetti, scoperto dalla stessa Maura Tombelli e Giuseppe Forti nel 1998.

La stessa Maura Tombelli, bancaria in pensione, è tuttora instancabile presidente ed animatrice del Gruppo Astrofili Montelupo (FI) e dell’Osservatorio Astronomico “Beppe Forti” della stessa cittadina toscana. Fra gli asteroidi da lei (co)scoperti spiccano, per simpatia, gli asteroidi (12927) Pinocchio, (15006) Samcristoforetti (vedi fig 6) e, particolarmente caro a noi che ne viviamo ai piedi e le scorgiamo ogni giorno dominare il nostro orizzonte, col loro carico di selvaggia bellezza, i ricordi delle stragi naziste, della guerra partigiana e delle traversate, talvolta a piedi scalzi, delle nostre nonne nella neve per procurarsi il cibo nella lontana pianura Padana durante gli otto mesi dello stazionamento della Linea Gotica a 4 km da noi, col lavoro e la morte nelle sue cave, l’asteroide (23608) Alpiapuane.

Dovendo scegliere una nostra osservazione di occultazione che legasse alcuni degli spunti citati in questo numero, ci pare adatta un’occultazione positiva di (164) Eva osservata da un nostro socio lo scorso 11 aprile. Innanzitutto per l’oggetto, intitolato alla figura mitica, nella nostra tradizione, della prima donna. Anche se all’epoca della designazione non venne fatto assolutamente cenno alle motivazioni della scelta, e se questa si riferisse o meno alla figura biblica, è molto probabile che lo scopritore volesse ricordare proprio a lei. Solo 8 anni prima c’era stato, infatti, il primo asteroide dedicato ad un personaggio biblico ( 102 Miriam, la sorella di Mosè) e parte dell’ambiente astronomico si era un po’ risentita per questa invadenza “teologica” che venne criticata, ad esempio, dall’astronomo Edward S. Holden, anche se questi lasciava ironicamente uno spiraglio asserendo che in fondo Miriam era un personaggio mitico e non reale (il che all’epoca era una discreta accusa alla Bibbia di raccontare solo miti). Comunque sia andata, ci fu chi anche all’epoca della designazione di (164) Eva ritirò fuori polemicamente la questione di un “secondo ingresso in territorio biblico”, fatto che lascia trasparire come tale designazione venisse percepita nell’ambiente. Interessante anche la figura dello/degli scopritore/i. Ufficialmente la scoperta è attribuita a Paul-Pierre Henry (Nancy 1848 – Parigi 1905), ma in realtà questi lavorava, all’Osservatorio di Parigi, in strettissima collaborazione col fratello Prosper-Mathieu.

Fig. 7 - I due fratelli Paul-Pierre e Prosper-Mathieu Henry al lavoro durante la posa per una lastra fotografica, presso lo strumento da loro realizzato per l’Osservatorio di Parigi. Si tratta di un doppio rifrattore (da 33 cm per la fotografia e da 19 cm per la guida visuale) le cui ottiche furono costruite dagli stessi due fratelli. Il telescopio entrò in funzione nel 1890 e in pratica fissò poi gli standard per tutti i telescopi che parteciparono al progetto Carte du Ciel. Era in grado di fotografare (su lastra) un campo di 3°x3° raggiungendo, in un’ora di posa, la magnitudine fotografica 14-15.

Insieme i due scoprirono 14 asteroidi fra il 1872 ed il 1882, e di comune accordo attribuivano la scoperta alternativamente ad uno di loro, finendo quindi col trovarsi accreditati ciascuno 7 asteroidi. Al di la di questo lavoro sui pianetini, il loro contribuito risultò decisivo nell’introduzione delle tecniche fotografiche in campi diversi della ricerca astronomica. Se coi primi dagherrotipi era stato possibile fotografare, già a partire dalla fine degli anni ’30 del XIX secolo, Sole, Luna (per quest’ultima occorrevano all’inizio pose di 30-40 minuti…) e poche stelle brillanti, i fratelli Henry diedero una svolta decisiva riuscendo via via a fotografare, grazie al cambiamento del substrato delle lastre fotosensibili, i pianeti con buona risoluzione, la nebulosa planetaria M57 con la stella centrale, intere porzioni di costellazioni spingendosi fino alla 15° magnitudine ecc. e stimolando Amédée Mouchez (il direttore dell’Osservatorio di Parigi, nel quale lavoravano come aiuto-astronomi ed addetti alla strumentazione ottica) a lanciare nel 1887 il mitico progetto del grande atlante fotografico dell’intera volta celeste, denominato Carte du Ciel.

Ma veniamo alla nostra osservazione dell’occultazione da parte di (164) Eva della stella TYC 1994-00082-1 (una stella di MV 11,1 nella costellazione della Chioma di Berenice) avvenuta nella serata dell’11 aprile 2016. L’asteroide, del diametro medio di 104,87 km, secondo le previsioni avrebbe potuto produrre un’occultazione della durata massima di 7, 4 s dato che si muoveva, in quel momento, alla discreta velocità (relativa, vista da Terra) di 16, 85 km/s.

Fig. 8 - La striscia di superfice terrestre da cui era previsto fosse possibile osservare l'occultazione di (164) Eva la sera dell'11 aprile di quest'anno, riportata in google map. E' quella compresa fra le due linee blu. le linee rosse sono i margini possiibli in caso le previsioni avessero un errore di 1 e 2 sigma.

Gli aggiornamenti dell’ultima ora davano per Massa una probabilità di quasi il 79% di assistere all’occultazione, sebbene da una posizione abbastanza periferica (46 km a nord del centro della traccia di occultazione prevista per l’asteroide). Effettivamente l’occultazione è stata ben visibile da Massa (vedi Fig. 1), per una durata di 1, 50 s ( ±  0, 34s ) e con buona precisione sui tempi (meno di 2 s di ritardo, ampiamente entro il margine d’errore previsto dall’effemeride). Degli 11 osservatori europei che si erano resi disponibili quella sera per l’osservazione, solo 6 hanno effettivamente potuto seguire il fenomeno, mentre 5 ne sono stati impediti dalle nuvole. Sono mancate però osservazioni da postazioni vicino al centro della sagoma dell’asteroide e in tutta la sua parte meridionale, e tutte le 6 corde mostrano solo sezioni della zona più settentrionale di (164) Eva.

Fig. 9 - Sagoma (in 3D) prevista per l’asteroide (164) Eva, al momento dell’occultazione dell’11 aprile 2016. La sagoma è ottenuta grazie al catalogo online (free) DAMIT (Database of Asteroid Models from Inversion Techniques) curato dall’Istituto di Astronomia dell’Università Karlova di Praga. Le sagome sono ricostruite a partire dall’andamento della curva di luce causata della rotazione (attorno ad uno o più assi) dei singoli asteroidi. Il catalogo contiene dati di diversa natura e qualità per 907 asteroidi (dei quali sono stati ottenuti complessivamente 1592 diversi modelli - dati aggiornati al 4 maggio 2016) e permette di calcolare, per molti di essi, anche l’aspetto dell’asteroide per un qualunque istante fissato dall’utente.L'osservazione di Baruffetti (vedi fig.1) individua una corda all'estremo bordo superiore dell'asteroide.

Per cui, nonostante si trattasse dell’ottava registrazione di un’occultazione prodotta da questo asteroide (quasi tutte le precedenti, però, osservate ciascuna da un solo osservatore), per avere una sagoma più precisa si dovrà attendere una prossimo evento. Ed accontentarci, per il momento, della sagoma di (174) Eva che compare nel catalogo DAMIT, ricostruita in maniera inversa a partire dalla curva di luce, e che tiene anche conto della rotazione dell’asteroide attorno al suo asse, cosa che avviene in poco più di 13 ore e mezzo; per maggiori informazioni (vedi Fig. 9).


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